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Sake

Il Sake è una bevanda alcolica di origine giapponese ottenuta attraverso la fermentazione del riso. Rappresenta la cultura, la storia e lo spirito della tradizione nipponica, e viene oggi prodotto in quasi tutte le prefetture del Giappone. È bene precisare che la traduzione del temine Sake (in largo uso in Europa) è “bevanda alcolica”; tuttavia il termine più appropriato per identificare questa bevanda è Nihonshu, ovvero “vino di riso”. Dunque, il Sake non è un distillato e neanche un liquore, bensì un fermentato, figlio di un processo produttivo simile a quello del vino o della birra. Dolci o secchi, frizzanti o fermi, esistono diverse tipologie di Sake che si differenziano per la levigatura del riso, l’acqua utilizza, l’aggiunta di alcool e il lievito selezionato. Su Callmewine puoi trovare i migliori Sake giapponesi e non solo: dal corposo e intenso Sake Junmai al fragrante e aromatico Sake Ginjo.

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Il Sake è una bevanda alcolica di origine giapponese ottenuta attraverso la fermentazione del riso. Rappresenta la cultura, la storia e lo spirito della tradizione nipponica, e viene oggi prodotto in quasi tutte le prefetture del Giappone. È bene precisare che la traduzione del temine Sake (in largo uso in Europa) è “bevanda alcolica”; tuttavia il termine più appropriato per identificare questa bevanda è Nihonshu, ovvero “vino di riso”. Dunque, il Sake non è un distillato e neanche un liquore, bensì un fermentato, figlio di un processo produttivo simile a quello del vino o della birra. Dolci o secchi, frizzanti o fermi, esistono diverse tipologie di Sake che si differenziano per la levigatura del riso, l’acqua utilizza, l’aggiunta di alcool e il lievito selezionato. Su Callmewine puoi trovare i migliori Sake giapponesi e non solo: dal corposo e intenso Sake Junmai al fragrante e aromatico Sake Ginjo.

Cos’è il Sake e come si beve il vino di riso

Il Sake, chiamato erroneamente Sakè, è la bevanda giapponese per eccellenza che incarna l’anima autentica della nazione asiatica. Difficile spiegare cos’è il Sake poiché molte volte si ragiona per analogia, ma quando parliamo di questa bevanda i paragoni sono sempre molto difficili e spesso comunicati in maniera errata. Il Sake non è un distillato come il Gin o il Whisky, non è un liquore giapponese e non è propriamente neanche un vino o una birra, nonostante abbia diversi punti in comune con queste ultime due tipologie. Possiamo tranquillamente dire che è una categoria a sé stante, come dimostra anche la sua antica storia.

Le origini si perdono nella notte dei tempi, anche se probabilmente affondano le radici in Cina nel 5000 a.C., periodo in cui sono state tracciate le prime testimonianze di un ipotetico antenato del Sake. La storia del Sake giapponese inizia con l’importazione del riso dalla Cina nel III secolo a.C. Nel corso dei secoli il Sake assume un ruolo sempre più centrale, diventando la bevanda prediletta dagli imperatori, al punto da far nascere nel palazzo imperiale di Kyoto un vero e proprio organismo deputato alla preparazione del Sake. Bisogna arrivare al 1878 per vedere il primo Sake in bottiglia e soltanto il 1904 per assistere al primo concorso ufficiale.

Il Giappone ricorda molto l’Italia per il clima e la biodiversità: al nord fa molto freddo e al sud la temperatura è molto più calda. Le Sakagura, le famose “distillerie” giapponesi, sono posizionate nel centro-nord, un po' come la nostra pianura padana, dove il riso ha trovato il terreno più fertile. Nonostante ciò, le distillerie sono diffuse in tutto il Giappone dal momento che i produttori di Sakè non hanno una risaia personale e nella maggior parte dei casi comprano il riso esternamente.

Le materie prime che concorrono alla realizzazione del Sake sono:

  • L’acqua, che rappresenta più dell’80% del prodotto finale e dona il carattere. Spesso le sakagura sono posizionate lungo le aree sorgive, dove la migliore acqua di fonte è ricca di potassio, sodio e magnesio.
  • Il riso, l’ingrediente fondamentale ma non in termini di quantità, che dona il corpo ed è diviso in due grandi categorie: il Sakamai (coltivato proprio per la produzione della bevanda) e Hanmai (il riso da tavola, utilizzato meno frequentemente per le bevande).
  • Il Koji, una spora fungina presente sulle piante del riso, che ha il compito di scomporre gli amidi del riso in zuccheri fermentescibili.
  • Il lievito, l’elemento necessario alla fermentazione, che trasforma gli zuccheri in alcool e che, in base alla tipologia di ceppo (spesso hanno una numerazione), dona una differente e caratteristica componente aromatica.

La gradazione alcolica del Sake si attesta intorno ai 14-15°, qualche grado superiore rispetto al vino. Nonostante questo, a seconda della tipologia può essere servito caldo (non bollente come un tè), freddo (non gelato come un amaro) o a temperatura ambiente. Normalmente i Sake aromatici prediligono il freddo e vengono serviti in un classico calice, mentre quelli meno aromatici ma con più corpo prediligono le temperature alte e il caratteristico servizio nel bicchierino giapponese, detto tokkuri.

Nonostante i Sake vengono spesso associati alla cucina asiatica, come sushi, sashimi, ramen, noodles o tempura, si prestano anche ad abbinamenti con la cucina italiana. Per ogni tipologia Callmewine propone diversi abbinamenti culinari.

Le tipologie di Sake più diffuse e comuni

Il mondo dei sakè è molto ampio e vario, con alle spalle una storia antichissima. Per capire meglio i diversi tipi di Sake bisogna fare un passo indietro e percorrere brevemente la filiera produttiva.

  • La prima fase è detta sbramatura e consiste nel levigare il riso con apposite macchine per eliminare una parte dell’involucro esterno, ricca di grassi e proteine, e mantenere la parte centrale, composta principalmente da amido.
  • Il riso viene poi lavato per rimuove i resti di crusca, ammollato in acqua e sbollentato a vapore
  • Si passa alla fase di aggiunta del koji-kin, la spora della muffa che saccarifica l’amido e permette la successiva fermentazione.
  • Viene dunque prodotto lo shubo, un mix di riso saccarificato, acqua, lievito e acidi lattici, dando vita alla cosiddetta “madre del Sake”
  • Si innesca dunque la fermentazione alcolica che avviene a temperature costanti di 10-15°C (normalmente le sakagure preparano il Sakè d’inverno) per circa un mese. In realtà questo processo è detto “fermentazione multipla in parallelo” poiché si assiste alla trasformazione dell’amido in zucchero e dello zucchero in alcool all’interno della stessa vasca.
  • Alla fine di questa fase si può passare alla possibile aggiunta di alcool e completare il processo con la pressatura che rimuove i sedimenti e separa la parte liquida da quella solida.
  • Le ultime fasi prima dell’imbottigliamento prevedono: filtraggio, pastorizzazione e possibile diluizione con acqua.
  • I Sake invecchiati, o Koshu, sono così chiamati quando superano i tre anni di invecchiamento (non per forza in botti di legno). Tuttavia, una volta imbottigliati, i Sake vengono spesso bevuti nei primi anni di vita.

L’aggiunta di alcool a fine fermentazione e il grado di levigatura del riso (seimaibuai) definisce la tipologia. Tra i Sake senza alcool aggiunto troviamo:

  • Il Junmai realizzato con alta percentuale di levigatura. Anche se non c’è un disciplinare specifico, normalmente si attesta intorno al 70%. Ha una forte connotazione aromatica e un‘ottima persistenza di gusto.
  • Il Junmai Ginjo (3,5% della produzione) con sbramatura al 60% e un profilo tipicamente morbido, floreale e fruttato. Spesso vengono serviti freddi.
  • Il Junmai Daiginjo (3% della produzione) è tra le più pregiate selezioni, realizzata con i migliori chicchi di riso e prodotta con almeno 50% di levigatura. Ha un profilo solitamente elegante e strutturato.

Tra i Sake con alcool aggiunto ci sono:

  • Gli Honjozo con levigatura minima al 70% e dal carattere fragrante, ma strutturato. Sono spesso consumati caldi.
  • I Ginjo con il 60% minimo di levigatura. Hanno grande fragranza e ottima longevità.
  • DaiGinjo con il 50% di sbramatura e dal carattere più preponderante.

Infine, esiste una categoria unica che è il Futsushu, che non prevede nessun minimo di levigatura e di alcool aggiunto. Nonostante questo, è comunque un prodotto di grande qualità e il più consumato in Giappone (74%).

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