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Vini Fatti in Anfora

I vini in anfora racchiudono la magia di un tempo ancestrale . Questa antica pratica risale infatti alla Preistoria ed è un fenomeno ancora universalmente diffuso in Georgia e in Armenia, dove la vite è stata addomesticata per la prima volta nella notte dei tempi. I vasi di terracotta sono quindi i più antichi contenitori enologici di cui si abbia conoscenza, usati sia per la vinificazione che per la conservazione, prima di essere dimenticati in epoca moderna in tutto l’Occidente. Negli ultimi decenni, contestualmente alla ricerca di metodologie produttive quanto più tradizionali e genuine possibili, sono stati riscoperti in tutto il mondo. Questa tendenza è stata inaugurata in Europa da Josko Gravner nel 1996 ed è oggi in continua espansione. Nascono così produzioni molto particolari e di grande carattere, dal fascino antico e inimitabile.

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94 -@@-9-James Suckling
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4 -@@-3-Bibenda
89 -@@-7-Robert Parker
94 -@@-9-James Suckling
4 -@@-2-Vitae AIS
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93 -@@-7-Robert Parker
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92 -@@-7-Robert Parker
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4 -@@-3-Bibenda
3 -@@-2-Vitae AIS
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4 -@@-3-Bibenda
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3 -@@-1-Gambero Rosso
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4 -@@-2-Vitae AIS
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87 -@@-5-Veronelli
3 -@@-1-Gambero Rosso
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4 -@@-3-Bibenda
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2 -@@-1-Gambero Rosso
90 -@@-5-Veronelli
4 -@@-3-Bibenda
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3 -@@-1-Gambero Rosso
95 -@@-9-James Suckling
92 -@@-5-Veronelli
3 -@@-2-Vitae AIS
52,00 
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I vini in anfora racchiudono la magia di un tempo ancestrale . Questa antica pratica risale infatti alla Preistoria ed è un fenomeno ancora universalmente diffuso in Georgia e in Armenia, dove la vite è stata addomesticata per la prima volta nella notte dei tempi. I vasi di terracotta sono quindi i più antichi contenitori enologici di cui si abbia conoscenza, usati sia per la vinificazione che per la conservazione, prima di essere dimenticati in epoca moderna in tutto l’Occidente. Negli ultimi decenni, contestualmente alla ricerca di metodologie produttive quanto più tradizionali e genuine possibili, sono stati riscoperti in tutto il mondo. Questa tendenza è stata inaugurata in Europa da Josko Gravner nel 1996 ed è oggi in continua espansione. Nascono così produzioni molto particolari e di grande carattere, dal fascino antico e inimitabile.

Vino in Anfora, la Riscoperta della Tradizione

L’utilizzo della terracotta da parte dei produttori risponde all’esigenza di tornare alle origini, riscoprendo quell’antico rapporto tra l’uomo e la natura datato migliaia di anni fa. Questa tendenza è oggi sempre più diffusa in tutto il mondo, soprattutto nei paesi occidentali di più solida tradizione enologica, tra cui l’Italia e la Spagna.

Il pioniere della riscoperta del vino in anfora è stato Josko della cantina Gravner che, a partire dal 1996, ha cominciato a produrre la sua Ribolla Gialla con lunghe macerazioni sulle bucce in contenitori gerogiani interrati chiamati Qvevri, ispirandosi alle tradizioni ancora attive nei paesi del Caucaso. Pochi anni dopo, Giusto Occhipinti della cantina siciliana COS inaugurava l’utilizzo di contenitori spagnoli in terracotta chiamati Tinajas per la produzione del Cerasuolo di Vittoria, convincendo presto l’amica Elisabetta Foradori a fare altrettanto con il Teroldego in Trentino.

Da allora tantissimi produttori hanno seguito questa strada e oggi, data la diffusione del fenomeno a livello mondiale, c’è chi ha affermato “amphora is the new barrique”, per dare l’idea dell’importanza mondiale di questa rivoluzione produttiva. Le ragioni di questo successo consistono essenzialmente nei benefici della terracotta per la produzione di vini artigianali, prodotti con lunga macerazione sulle bucce e senza aggiunta di additivi. Queste proprietà positive consistono in:

  • Ottimo isolamento termico, favorito anche dalla possibilità di interrare i contenitori;
  • Costante ossigenazione, resa possibile dalla porosità del materiale;
  • Capacità di conservare integro il frutto senza cessione di sostanze tra il contenitore e il liquido, facendo emergere quindi il varietale.

Dall’insieme di questi benefici ne deriva la possibilità di svolgere lente fermentazioni con macerazione sulle bucce senza bisogno di ricorrere ad agenti esterni, come solforosa, aromi, lieviti e altri additivi. Sembra tutto molto semplice ma le possibilità e le metodologie di produzione sono in realtà molto varie.

I Diversi Metodi Produttivi

La produzione dei vini fatti in anfora può presentare diverse variabili ed è oggi fortemente soggetta ad approcci sperimentali. In Italia si tende a diraspare le uve e a riempire i contenitori con il mosto e le bucce, affidandosi a fermentazioni spontanee e cercando di non fare uso di solfiti e additivi enologici. La fase di fermentazione dura in genere pochi giorni, durante i quali si può intervenire tramite follature manuali, rimettendo cioè in circolo nel mosto le vinacce che vengono a galla. Al termine di questo processo la macerazione sulle bucce del mosto può protrarsi per diversi mesi, favorendo una significativa cessione di sostanze aromatiche.

In Georgia, dove la tradizione dei Qvevri è rimasta attiva e vitale fino ai giorni nostri, si fa distinzione tra:

  • metodo Kekheto, che prevede la compresenza nel mosto delle vinacce per tutta la vinificazione:
  • metodo Imereti, con presenza di circa 10% delle vinacce senza raspi;
  • metodo Kartli, con presenza di circa il 30% delle vinacce con i raspi.

Una costante per la produzione del vino anfora è quindi la presenza totale o parziale delle vinacce nel mosto durante tutta la fermentazione o anche più, sia per quanto riguarda i bianchi che i rossi. Una variabile fondamentale riguarda invece il tipo di contenitore di terracotta da utilizzare:

  • I Qvevri della Georgia sono grandi contenitori della capacità media di 1.000 litri. Non hanno manici, sono ricoperti internamente di uno strato di cera d’api ed esternamente da calce. Sono destinati ad essere interrati e, molto spesso, sono lasciati aperti per permettere la dispersione di anidride carbonica;
  • Le Tinajas prodotte in Spagna non superano la dimensione di 80 hl e sono a volte ricoperte da uno strato di pece. Raramente vengono interrate e sono spesso chiuse con coperchi;
  • I grandi vasi di argilla della Toscana, legati alla tradizione imprunetina. La terracotta toscana è porosa ma robusta, per questo non necessita di rivestimenti.

Oltre a queste variabili, ne esistono molte altre e ogni produttore può scegliere come condurre il metodo produttivo, tenendo conto dello stile che vuole ottenere e, soprattutto, del tipo di vitigno utilizzato. Le uve di Ribolla Gialla necessitano, per esempio, di lunghe macerazioni per esprimere il loro intenso profilo aromatico mentre un vitigno rosso come l’Aglianico tende a dare vita a espressioni molto strutturate anche riducendo il periodo di contatto con le bucce.

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