I vini bianchi della Campania spiccano nel patrimonio italiano delle eccellenze per il loro animo mediterraneo e coinvolgente, testimoni di tradizioni che risalgono all’Antichità e alfieri della rinascita enologica del Sud Italia. Ancora oggi rivelano, a partire dal nome dei tanti vitigni autoctoni, il fondamentale influsso degli Antichi Greci, che per primi svilupparono la vite e la produzione enologica nella regione: Greco Bianco, Fiano e Falanghina sono tra i più celebri e rappresentativi vitigni di sicura origine greca. Oltre cento differenti varietà di uva popolano ancora oggi il territorio, coltivati in prevalenza da piccoli e medi produttori che hanno fatto conoscere al mondo i frutti di zone particolarmente vocate come, per esempio, l’Irpinia, il Sannio, i Campi Flegrei e la Costiera Amalfitana, perpetuando tradizioni pluricentenarie.
I vini bianchi della Campania spiccano nel patrimonio italiano delle eccellenze per il loro animo mediterraneo e coinvolgente, testimoni di tradizioni che risalgono all’Antichità e alfieri della rinascita enologica del Sud Italia. Ancora oggi rivelano, a partire dal nome dei tanti vitigni autoctoni, il fondamentale influsso degli Antichi Greci, che per primi svilupparono la vite e la produzione enologica nella regione: Greco Bianco, Fiano e Falanghina sono tra i più celebri e rappresentativi vitigni di sicura origine greca. Oltre cento differenti varietà di uva popolano ancora oggi il territorio, coltivati in prevalenza da piccoli e medi produttori che hanno fatto conoscere al mondo i frutti di zone particolarmente vocate come, per esempio, l’Irpinia, il Sannio, i Campi Flegrei e la Costiera Amalfitana, perpetuando tradizioni pluricentenarie.
L’origine dei vini bianchi Campania viene fatta risalire all’arrivo degli Antichi Greci nel Sud Italia e alla fondazione delle colonie della Magna Grecia. Furono loro a portare i semi e le barbatelle di vitis vinifera nella regione, inaugurando la coltivazione di quelle varietà ancora oggi presenti. Una teoria molto accreditata sostiene però come la viticoltura fosse già stata introdotta dagli Etruschi mediante la domesticazione di alcuni esemplari di vitis silvestris. Il sistema di allevamento dell’antica alberata aversana, ancora oggi utilizzato per la coltivazione dell’Asprinio di Aversa, sarebbe quindi un retaggio delle tecniche etrusche.
L’Epoca Romana, dal periodo repubblicano a quello imperiale, fu l’età dell’oro delle espressioni enologiche regionali, celebrati da poeti e cronisti ed esportato ad alto prezzo in tutto il Mediterraneo e anche in Gallia. Un’anfora di Falerno, l’espressione enologia più quotata e prestigiosa dell’epoca, poteva valere addirittura il prezzo di uno schiavo e Plinio il Vecchio ricorda come, ad un banchetto dell’imperatore Caligola, venne servito e lodato un Falerno invecchiato per oltre 160 anni. Alla fine dell’Impero Romano questa gloria decadde e cominciò l’eclisse della viticoltura regionale che non riuscì a risollevarsi neanche nel corso del Medioevo, non potendo contare sulla presenza di grandi monasteri. Un modesto rilancio venne avviato durante il Rinascimento, in concomitanza con un rinnovato interesse per l’epoca classica, e venne sviluppato in Età Barocca.
Nel corso del Novecento, l’attività di alcuni produttori come Mastroberardino permise di salvare molti vitigni autoctoni dall’estinzione, incentivando i piccoli produttori a coltivare solo le varietà tradizionali, acquistando le loro uve, ed evitando la diffusione ubiquitaria delle varietà internazionali. Il vero rilancio della produzione regionale venne attuato a partire dagli anni ’80 e fu inaugurato da una produzione “bianchista” nel Sannio e, soprattutto, in Irpinia. L’attività altamente qualificata di enologi come Riccardo Cotarella e Luigi Moio contribuì al rilancio qualitativo e alla fama nel mondo delle produzioni, oggi al centro del panorama delle eccellenze enogastronomiche d’Italia. Oggi questa gloriosa tradizione è portata avanti da cantine importanti come Feudi di San Gregorio o Villa Raiano le cui proprietà si estendono per oltre 27 errari.
La regione è in grado di offrire un ventaglio molto diversificato di vino bianco campano che raggiunge l’eccellenza. Questa straordinaria eterogeneità è dovuta non solo all’alto numero di vitigni autoctoni ancora presenti nel territorio, ma anche alla diversità delle zone di produzione altamente vocate, contraddistinte da peculiarità uniche e irripetibili.
È evidente come la regione offra oggi una grande varietà di espressioni enologiche di alto livello, sempre più apprezzate anche nei contesti internazionali. Si prestano all’abbinamento soprattutto con la cucina mediterranea e con i prodotti saporiti della tradizione.
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