Il Roero Rosso, oltre a dare il nome a quella zona vitivinicola del Piemonte localizzata alla sinistra orografica del fiume Tanaro, tra le Langhe e le colline del Monferrato, è anche il nome con cui viene denominato in etichetta il rosso prodotto nella zona. La varietà chiamata a vestire i panni di protagonista è ancora una volta il Nebbiolo, che assume qui caratteristiche uniche e singolari: rappresentazione liquida di un territorio che per troppo tempo ha vissuto all’ombra delle Langhe. Il carattere di queste produzioni enologiche è giocato più sulla finezza che sulla struttura, sulla freschezza fruttata piuttosto che sulla terziarizzazione dei profumi, da godersi ora o da aspettare nel tempo, come ogni Nebbiolo che si rispetti.
Il Roero Rosso, oltre a dare il nome a quella zona vitivinicola del Piemonte localizzata alla sinistra orografica del fiume Tanaro, tra le Langhe e le colline del Monferrato, è anche il nome con cui viene denominato in etichetta il rosso prodotto nella zona. La varietà chiamata a vestire i panni di protagonista è ancora una volta il Nebbiolo, che assume qui caratteristiche uniche e singolari: rappresentazione liquida di un territorio che per troppo tempo ha vissuto all’ombra delle Langhe. Il carattere di queste produzioni enologiche è giocato più sulla finezza che sulla struttura, sulla freschezza fruttata piuttosto che sulla terziarizzazione dei profumi, da godersi ora o da aspettare nel tempo, come ogni Nebbiolo che si rispetti.
Questa zona vitivinicola piemontese è situata in un prestigioso e storico crocevia enologico, tra le Langhe e il Monferrato, tra la pianura di Carmagnola e le lievi colline dell’Astigiano, ma anche gastronomico, a nord di Alba e a sud di Torino. Tutte queste precisazioni geografiche sono necessarie per localizzare questo territorio dall’invidiabile bellezza paesaggistica, per troppo tempo dimenticato, a favore dei più noti e rinomati areali vinicoli circostanti. L’areale, particolaremente rinomato per la produzione di vini rossi, è da sempre inserito all’interno di una competizione antica, quanto inconsistente con i cugini langaroli. Entrambi si confrontano con il Nebbiolo, affinandolo in botti di legno di diversa capacità e tostatura e sfidano il tempo giocando sul suo potenziale evolutivo. Chi si illude di conoscere il Rosso Roero solo a partire da un confronto con il Barolo, rischia davvero di perdersi l’anima unica e insostituibile di questa denominazione. Nonostante infatti l’uva vinificata sia la medesima, è il suolo in cui affonda le radici, cresce e si riproduce ad essere differente e a dar vita a sensazioni altrettanto singolari al calice. Qui, nella rive gauche, i terreni sono sabbiosi e ghiaiosi, più giovani e poveri rispetto alle antiche marne di Langa; le colline sono più ripide e scoscese, meno geometriche e armonizzate alla vista, ma altrettanto vocate a produzioni di alta qualità.
Sono le “Rocche” l’immagine simbolo di questo territorio, ovvero rilievi geometrici netti e vertiginosi che dividono i terreni di origine continentale da quelli origine marina. Questo scorcio roerino, non esclusivamente monopolizzato dalla vigna, ma abitato da boschi, frutteti e noccioleti, è stato dichiarato Patrimonio dell’Unesco e attira sempre più turisti, oggi consapevoli che oltre la riva sinistra del Tanaro, un paesaggio meraviglioso è pronto ad accoglierli.
Da disciplinare è previsto che il 95% dell’intero uvaggio sia costituito dal Nebbiolo, anche se la maggior parte dei produttori roerini ci tengono a vinificarlo da solo, al fine di valorizzarlo nella sua purezza espressiva. Se nelle Langhe si cerca di giocare sulla struttura del sorso dando vita a vini di corpo e vigoria, nella zona si prediligono caratteri come freschezza e finezza, eleganza e leggerezza di beva. Il bouquet olfattivo di questo vino del Piemonte è ampio e sfaccettato, con frutti di bosco succosi e fragranti in evidenza, che resistono a lungo nel calice senza aver fretta di virare subito su sentori terziari ed evoluti, lasciando il tempo al bevitore di approcciarsi al calice con lentezza e riflessività. Quando finalmente il sorso raggiunge il suo apice di perfezione e integrità, appagando il palato, il profilo olfattivo inizia ad evolvere al ritmo di un terroir che vale la pena scoprire nella sua singolarità. Per interpretarlo al meglio è doveroso andare alla scoperta del Roero Rosso abbinamenti con le tipicità gastronomiche di questo territorio come i tajarin al tartufo bianco, la fassona battuta al coltello o la carne all’albese. Da provare un calice di “Renesio” o “Mombeltramo” di Malvirà con la classica tuma o un sorso di “La Val dei Preti” o “Roche d’Ampsej” con i maltagliati al sugo di funghi. Imperdibili e territoriali al 100%!
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