L’Italian Grape Ale è l’unico stile brassicolo di derivazione nostrana, nato dalla creatività di alcuni dei migliori birrifici artigianali della Penisola a partire dal 2006 e riconosciuto ufficialmente dall’autorevole Beer Judge Certification Program nel 2015, quando venne inserito alla voce Italian Styles nella guida Beer Style Guidelines. Il processo produttivo, rigorosamente artigianale ad alta fermentazione, prevede l’aromatizzazione tramite aggiunta di uva, che può essere al naturale oppure sotto forma di mosto fresco, mosto cotto, vino o vinaccia e che può avvenire in qualsiasi fase del processo produttivo. L’ampia libertà di scelta è indicativa della grande creatività che i produttori dello Stivale hanno dimostrato in questi anni, offrendo risultati sorprendenti e molto differenti tra loro.
L’Italian Grape Ale è l’unico stile brassicolo di derivazione nostrana, nato dalla creatività di alcuni dei migliori birrifici artigianali della Penisola a partire dal 2006 e riconosciuto ufficialmente dall’autorevole Beer Judge Certification Program nel 2015, quando venne inserito alla voce Italian Styles nella guida Beer Style Guidelines. Il processo produttivo, rigorosamente artigianale ad alta fermentazione, prevede l’aromatizzazione tramite aggiunta di uva, che può essere al naturale oppure sotto forma di mosto fresco, mosto cotto, vino o vinaccia e che può avvenire in qualsiasi fase del processo produttivo. L’ampia libertà di scelta è indicativa della grande creatività che i produttori dello Stivale hanno dimostrato in questi anni, offrendo risultati sorprendenti e molto differenti tra loro.
L’acronimo sta per Italian Grape Ale e identifica uno stile nato nel nostro Paese e sviluppato negli ultimi anni da alcuni produttori artigianali. L’idea di base, sulla quale la creatività dei mastri birrai ha potuto sbizzarrirsi, è stata quella di utilizzare l’uva, in differenti forme, durante il processo produttivo, creando così uno stile ibrido tra mondo enologico e panorama brassicolo. Non è un caso che questa idea sia stata elaborata per la prima volta in una nazione in cui il vino gioca culturalmente il ruolo da protagonista, e che detiene il primato internazionale per numero di differenti vitigni, quantità e qualità delle produzioni enologiche.
La prima Birra IGA è nata nel 2006 all’interno della gamma di birre Barley, un piccolo stabilimento artigianale sardo gestito da Nicola Perra e Isidoro Mascia, divenuto il punto di riferimento della tipologia. La BB10 è stata la prima etichetta prodotta con questa idea innovativa: si tratta di una Russian Imperial Stout molto corposa e ad alta gradazione alcolica, aromatizzata con sapa di uve Cannonau, cioè con il mosto cotto tradizionalmente utilizzato in Sardegna per la preparazione di dolci. A partire dal 2010 molti altri produttori artigianali hanno seguito questa strada, come per esempio Birra del Borgo, che ha prodotto due celebri versioni, LoverBeer e Ca’ del Brado, che invece hanno declinato lo stile in modo originale, incrociandolo con le tipologia Brett e Lambic. La consacrazione è arrivata però solo nel 2015, quando, a fronte degli ottimi risultati raggiunti e di una sempre maggiore diffusione, l’organizzazione internazionale Beer Judge Certification Program ha inserito questo stile nella sua classificazione, come unico vero Italian Style.
Le Birre Italian Grape Ale possono essere prodotte in tantissimi modi. I produttori hanno infatti sempre rivendicato il diritto ad un’ampia libertà di scelta, che gli possa consentire la massima creatività. L’unico punto fermo è l’impiego di uva o di suoi derivati, come mosto, fresco, cotto, muto o fermentato, vino oppure vinacce.
Il primo esemplare, la BB10 di Barley, è stato prodotto in Sardegna nel 2006 utilizzando mosto cotto di Cannonau. Oggi però questa tipologia di birra italiana si è diffusa in diverse zone dello Stivale e i vitigni impiegati sono sempre di più, strettamente legati al territorio di produzione. Oltre alla scelta della forma della materia prima, anche la scelta del vitigno e del suo colore è divenuto un fattore determinante.
Un terzo fattore molto importante è dovuto al momento scelto per aromatizzare il mosto di cereali. Nella maggior parte dei casi questa operazione si svolge in una di questa tre fasi: bollitura, fermentazione o condizionamento (che è una sorta di stabilizzazione finale).
Le variabili sono molte e di fondamentale importanza per uno stile nato e sviluppatosi come approccio sperimentale, creativo e rivoluzionario. Per questo motivo non è semplice definire quali possono essere le caratteristiche comuni. Le varie espressioni possono infatti essere molto differenti tra loro e la tipologia può essere contaminata con altri stili, dando vita ad ibridi molto affascinanti.
Alcune volte, da un punto di vista visivo, la birra Italian Grape Ale può rientrare nella macro categoria delle birre bionde, ma è più frequente il caso in cui il prodotto finale assuma colorazioni rossastre o ambrate, soprattutto se sono state utilizzate uve rosse. Il profilo aromatico è marcato da sentori fruttati più o meno dolci che possono evocare i sentori primari dell’uva insieme a note di frutta rossa o frutta gialla. Tutto il resto può variare anche in base alla scelta dei malti, dei lieviti e dei metodi di produzione. Esistono per esempio versioni leggere e beverine come anche espressioni intense, corpose e complesse. Alcuni produttori hanno scelto di declinare la tipologia in uno stile sour, sfruttando l’uva per ottenere una più chiara ed inequivocabile nota acida. Si tratta solo di un esempio per testimoniare la grande variabilità di risultati che si possono ottenere da questo stile, considerato come l’unico stile tipicamente italiano.
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