Il Cesanese è il vitigno autoctono a bacca rossa che più simboleggia e identifica la regione del Lazio. Le sue origini sono molto antiche e risalgono ai tempi dei Romani; infatti molti autori latini ne riconoscevano la popolarità e il suo particolare successo presso la nobiltà romana. Oggi la sua diffusione è circoscritta nei territori nei dintorni della capitale che si estendono fino ai confini meridionali della regione. Si trova in natura sotto forma di due varietà: quella comune e di Affile. I due cloni vengono spesso utilizzati in blend, anche se nei dintorni di Affile si preferisce usare in purezza l’omonima varietà. Questa uva è la protagonista di tre denominazioni laziali: di Affile, di Olevano Romano e del Piglio. Il risultato è un rosso dal profilo minerale, fruttato e fresco, di buon accento tannico, elegante e di grande tipicità territoriale!
Il Cesanese è il vitigno autoctono a bacca rossa che più simboleggia e identifica la regione del Lazio. Le sue origini sono molto antiche e risalgono ai tempi dei Romani; infatti molti autori latini ne riconoscevano la popolarità e il suo particolare successo presso la nobiltà romana. Oggi la sua diffusione è circoscritta nei territori nei dintorni della capitale che si estendono fino ai confini meridionali della regione. Si trova in natura sotto forma di due varietà: quella comune e di Affile. I due cloni vengono spesso utilizzati in blend, anche se nei dintorni di Affile si preferisce usare in purezza l’omonima varietà. Questa uva è la protagonista di tre denominazioni laziali: di Affile, di Olevano Romano e del Piglio. Il risultato è un rosso dal profilo minerale, fruttato e fresco, di buon accento tannico, elegante e di grande tipicità territoriale!
Basta osservare una qualsiasi cartina geografica per accorgersi di quanto la terra laziale sia predisposta alla coltivazione della vite. Infatti, oltre a beneficiare della vicinanza del Mar Tirreno, nell’entroterra è macchiata da un buon numero di laghi, attraversata da colline con esposizioni variabili e interrotta sullo sfondo da montagne. Sepolte tra i colli e i pendii vulcanici si sono insediate le viti, oscurate dalla presenza dominante della Città Eterna, che attira tutte le attenzioni e, dall’altra parte, protegge inconsapevolmente tutto il patrimonio vitivinicolo. Le zone storiche sono quelle della vasta area dei Colli Albani, quelle nei pressi del Lago di Bolsena e non per ultima la piccola zona nei pressi di Roma, tra il territorio della Ciociaria e dei Castelli Romani, racchiusa tra Piglio, Olevano e Affile. In questa enclave nasce il rosso più rappresentativo del Lazio: il Cesanese. Un’espressione molto territoriale che negli ultimi tempi sta avendo successo, stimolando la situazione poco attiva e leggermente sonnolente che attraversa da anni il mercato. Merito senza dubbio di giovani e interessanti realtà emergenti, come la cantina Ribelà, che hanno contribuito a ridare identità a questo territorio e a risvegliare la grandi potenzialità di queste produzioni enologiche.
Questa varietà a bacca scura risulta una delle più antiche di tutto il territorio, considerata un patrimonio unico e ampiamente utilizzata per la produzione di vini laziali. Le sue origini sono molto incerte, ma con molta probabilità la sua paternità è legata al comune di Affile, un piccolo borgo di montagna vicino a Roma, situato nei pressi dei Monti Simbruini. La sua storia antica comincia con Plinio che, attraverso i suoi scritti, ne elogiava le caratteristiche e lo riteneva un rosso riservato alla nobiltà. Un’antica leggenda popolare racconta che, ai tempi degli antichi romani, i coloni decisero di disboscare le zone nei dintorni della capitale per impiantare nuovi vigneti di questa varietà. Da qui si spiegherebbe anche il nome Cesanese, dal termine “cesae”, che tradotto significherebbe “luogo disboscato”. Al giorno d’oggi la sua fama si è molto ridimensionata ed è protagonista di tre denominazioni: Affile, Olevano Romano e Piglio, che presentano caratteristiche territoriali molto simili tra loro. Inoltre, secondo alcuni studi ampelografici, si è constatata l’esistenza di due cloni: il “comune” e quello di “Affile”. Il primo, come suggerisce la parola, è quello più popolare, noto anche con il nome di “Bovino Nero” nei pressi dei Castelli Romani, caratterizzato da un acino medio-grande e ovale, con una buccia abbastanza spessa. Il secondo, invece, coltivato nei pressi dell'omonimo comune, ha un acino più piccolo e rotondo, con una scorza più sottile e scura.
Questa interpretazione del Lazio viene spesso consumata in giovane età per beneficiare di tutto il suo lato fruttato. Si presenta nel calice con un manto rosso deciso e intenso che ricorda il rubino, con riflessi che virano verso il violaceo. Al naso esprime un bouquet basato principalmente su note di frutti a polpa scura: mora, lampone, mirtillo, ribes nero, prugna e amarena. Sullo sfondo si percepiscono essenze floreali che ricordano la violetta e il ciclamino, mentre in chiusura una piacevole sfumatura mineral-vulcanica avvolge il naso. Con l’affinamento in legno il profilo olfattivo si arricchisce di sensazioni di pepe e tabacco. Il sorso mostra una struttura media, equilibrata nelle componenti di freschezza minerale, trama tannica, corpo e ricchezza estrattiva. Un vino rosso che sa di territorio e che fotografa come pochi altri un terra e un vitigno. I miglior Cesanese abbinamenti si rifanno alla ricca tradizione culinaria romana. Da provare su primi piatti di pasta, come una buona carbonara o dei bucatini all’amatriciana, oppure su secondi succulenti e grassi, come una tipica coda alla vaccinara, la porchetta con patate, le costine di agnello al forno o il classico abbacchio romano.
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