Il Passito di Pantelleria è una delle specialità enologiche più rinomate e affascinanti al mondo. Si tratta di un nettare dolce, denso e corposo che racchiude tutta la potenza del sole del territorio di origine trasformandola in carica zuccherina, profumi di miele, canditi, erbe mediterranee e in luminosa esuberanza aromatica. Ha attraversato circa 2000 anni di storia prima di giungere fino a noi e presentarsi come una meravigliosa sintesi fra tradizioni autoctone locali, cultura araba e condizioni climatiche uniche al mondo. Viene prodotto da uve appassite di Zibibbo, detto anche Moscato di Alessandria, raccolte da viti ad alberello coltivate in apposite conche scavate nel terreno per proteggerle dal vento, dalla salsedine e dall’eccessivo calore secondo pratiche agronomiche che non a torto vengono definite eroiche. La competenza e la passione di tanti produttori locali hanno contribuito negli ultimi decenni alla valorizzazione di questa tipologia tanto antica quanto affascinante in tutto il mondo.
Il Passito di Pantelleria è una delle specialità enologiche più rinomate e affascinanti al mondo. Si tratta di un nettare dolce, denso e corposo che racchiude tutta la potenza del sole del territorio di origine trasformandola in carica zuccherina, profumi di miele, canditi, erbe mediterranee e in luminosa esuberanza aromatica. Ha attraversato circa 2000 anni di storia prima di giungere fino a noi e presentarsi come una meravigliosa sintesi fra tradizioni autoctone locali, cultura araba e condizioni climatiche uniche al mondo. Viene prodotto da uve appassite di Zibibbo, detto anche Moscato di Alessandria, raccolte da viti ad alberello coltivate in apposite conche scavate nel terreno per proteggerle dal vento, dalla salsedine e dall’eccessivo calore secondo pratiche agronomiche che non a torto vengono definite eroiche. La competenza e la passione di tanti produttori locali hanno contribuito negli ultimi decenni alla valorizzazione di questa tipologia tanto antica quanto affascinante in tutto il mondo.
La prima testimonianza storica di un vino Passito di Pantelleria risale al 200 a.C. e consiste nel resoconto del generale cartaginese Magone di alcune pratiche svolte dagli abitanti dell’isola: si raccolgono grappoli maturi e si selezionano i migliori, eliminando quelli ammuffiti, poi si legano a una canna e si espongono al sole; una volta seccati, si staccano gli acini dal raspo che vengono posti con mosto fresco in giare di creta, poi sigillate con coperchi durante il tempo della fermentazione per circa un mese.
Questa testimonianza dimostra come già nell’Antichità si producesse questa tipologia dolce, sfruttando le caratteristiche del territorio e l’intensa carica aromatica di un’uva autoctona chiamata con il nome arabo di Zibibbo, un nome dal significato oscuro per cui non è stata trovata nessuna etimologia convincente. Viene anche chiamato, in relazione alle ipotesi sulla sua lontana origine, anche Moscato di Alessandria oppure Moscato di Spagna. Anche se oggi la diffusione di questo vitigno è circoscritta alla sola Isola di Pantelleria, pare infatti che quest’uva fosse originaria di Alessandria d’Egitto e che si sia diffusa poi in tutto il Mediterraneo, compresa la Spagna meridionale e le sue isole. Oggi nella penisola iberica e in diverse zone del basso bacino mediterraneo esistono specie che sembrano geneticamente imparentate con lo Zibibbo, tra cui Moscatel de Malaga, Moscatel de Jerez, Muscat Gordo Blanco e Salamanna.
Secondo un’antica leggenda mediterranea di origine punica, la dea della fertilità Tanit avrebbe sostituito alla corte degli dei il nettare d’ambrosia con il mosto di Zibibbo prodotto sull’isola, riuscendo in questo modo a conquistare il bellissimo Apollo. Le antiche tradizioni del Pantelleria Passito si sono poi tramandate per generazioni nel corso dei secoli, fino ad oggi. Già nel 1900 si distinse con successo nell’Esposizione di Parigi e nel 1974 fu la terza tipologia fra i vini siciliani ad ottenere la Doc. Dal 2014 l’Unesco ha riconosciuto le pratiche agricole tradizionali di coltivazione ad alberello sull’isola tra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità.
L’Unesco ha riconosciute le pratiche di coltivazione per la produzione del Passito Pantelleria come patrimonio dell’umanità. La coltivazione della vite sull’isola si fonda infatti su pratiche molto antiche, messe a punto nel corso dei secoli per far fronte a condizioni ambientali estreme e molto difficili.
Il paesaggio sull’isola è montuoso, con un picco che arriva a 836 metri di altitudine rappresentato dalla Montagna Grande, e il suolo ha un’origine vulcanica. Il clima è caldo e mediterraneo, molto simile a quello del Nord Africa: l’isola dista infatti appena 70 km della Tunisia. I venti marini, carichi di salsedine, soffiano molto forte in tutta l’isola, per questo gli Arabi chiamavano l’isola “Figlia del Vento”. Gli elementi naturali, modellati da vento, sabbia e salsedine, convivono con manufatti umani di rara bellezza e suggestione: muri a secco che delimitano le proprietà, giardini panteschi entro cui sono coltivati variopinti alberi di agrumi e i dammusi, costruzioni di pietra lavica coronati da cupola che servono per raccogliere l’acqua piovana.
Le pratiche storiche e uniche della coltivazione della vite servono a fronteggiare il clima molto difficile di questo ambiente sferzato dal vento e colpito dal sole cocente e, nel frattempo, mantenere intatta la bellezza naturale dell’isola. Si tratta infatti di un bellissimo esempio di agricoltura sostenibile applicato tradizionalmente su larga scala secondo un’antica sapienza contadina. Le viti vengono piantate in conche scavate nel terreno che hanno la funzione di protezione per garantire un microclima che assicuri la sopravvivenza della pianta. La vite viene poi potata per produrre solo sei rami che conferiscono alla pianta la forma di un piccolo cespuglio conosciuto come alberello pantesco.
Le caratteristiche del miglior Passito di Pantelleria sono sempre contrassegnate da grande colore, sostenuta alcolicità e importante carica zuccherina. Il colore è spesso dorato intenso molto luminoso, solcato da sfumature ambrate e aranciate per la espressioni più complesse e invecchiate. I profumi sono molto intensi ed esuberanti, ricordano la frutta gialla disidratata, come per esempio l’albicocca secca, il miele, gli agrumi canditi, i fichi secchi e le erbe aromatiche tipiche dell’isola, come per esempio l’origano. A volte si possono trovare affascinanti, complessi ed eleganti sfumature di cappero e salsedine, indice di grande territorialità e di entusiasmante potenzialità espressiva. Al palato si rivela sempre denso, dolce, caldo e avvolgente, di grande corpo, struttura e persistenza. Tra le più celebri espressioni risalta il Passito di Pantelleria Donnafugata chiamato Ben Ryé, il più conosciuto a livello internazionale e il più premiato dalla critica, ma molto tipiche e affascinanti sono anche le etichette di piccoli artigiani come Salvatore Murana e Ferrandes.
Si consiglia di servire questa tipologia ad una temperatura mai superiore ai 14°C, per evitare che il tipico calore e la caratteristica esuberanza aromatica risulti eccessiva. Gli ottimali abbinamenti del Passito di Pantelleria sono quelli con i dolci molto intensi e saporiti: frutta secca, biscotti di pasta di mandorle o marzapane, ricotta dolce oppure confettura di frutta. Svolgono la funzione di ottimo abbinamento, anche se non territoriale, tutti i formaggi molto saporiti ed erborinati. Le più grandi e memorabili etichette possono essere degustate anche da sole, senza essere accompagnate da altro, come espressioni da meditazione.
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