Vernaccia San Gimignano

La Vernaccia di San Gimignano è uno dei più celebri e antichi vitigni a bacca bianca della Toscana, le cui espressioni enologiche erano già conosciute e apprezzate nel XIII secolo: Dante Alighieri ne canonizza l’abbinamento con le anguille del lago di Bolsena, Cecco Angiolieri e Boccaccio lo assumono come paradigma di eccellenza enogastronomica. Più tardi diventa protagonista delle feste di nozze della famiglia Medici e una presenza fissa nella tavola di Lorenzo il Magnifico. Viene prodotto ancora oggi nel comprensorio collinare che circonda lo splendido borgo di San Gimignano, in provincia di Siena, e si caratterizza per un profilo organolettico dinamico e variegato, da godere nella sua gioventù e freschezza, ma anche da saper aspettare nel tempo, mettendo alla prova il suo ottimo potenziale evolutivo, soprattutto nella versione Riserva.

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La Vernaccia di San Gimignano è uno dei più celebri e antichi vitigni a bacca bianca della Toscana, le cui espressioni enologiche erano già conosciute e apprezzate nel XIII secolo: Dante Alighieri ne canonizza l’abbinamento con le anguille del lago di Bolsena, Cecco Angiolieri e Boccaccio lo assumono come paradigma di eccellenza enogastronomica. Più tardi diventa protagonista delle feste di nozze della famiglia Medici e una presenza fissa nella tavola di Lorenzo il Magnifico. Viene prodotto ancora oggi nel comprensorio collinare che circonda lo splendido borgo di San Gimignano, in provincia di Siena, e si caratterizza per un profilo organolettico dinamico e variegato, da godere nella sua gioventù e freschezza, ma anche da saper aspettare nel tempo, mettendo alla prova il suo ottimo potenziale evolutivo, soprattutto nella versione Riserva.

Etimologia e origini: un breve excursus storico

La Vernaccia San Gimignano è senza dubbio tra le prime uve ad abitare il territorio della nostra penisola. Le prime menzioni risalgono addirittura al 1276, precisamente negli Ordinamenti di Gabella, un cittadina in provincia di Siena, che fissano per questo vino bianco una tassa di esportazione di 3 soldi. In seguito è lodata e celebrata niente meno che da Sante Lancerio, bottigliere personale di Papa Paolo III, come un bevanda di grande pregio.

Nel corso del Medioevo raggiunge il suo picco e, al contempo, il culmine di fama e importanza, considerata universalmente come una bevanda da signori e da personaggi di alto rango. Boccaccio la cita nella terza novella della VIII giornata del Decameron, descrivendo il cosiddetto paese di Bengodi, i cui abitanti erano soliti trascorrere le giornate mangiando e bevendo in grande quantità. Dante Alighieri nel Canto XXIV del Purgatorio ne parla in riferimento a Papa Martino IV, che la gustava in abbinamento ad anguille arrostite del Lago di Bolsena. Alle molteplici testimonianze letterarie seguono anche quelle artistiche e pittoriche, basti pensare che quest’uva nel Cinquecento stava a simboleggiare l’omonima cittadina.

Dopo un lungo periodo sotto i riflettori, cade nell’oblio e quasi scomparse, per poi riapparire nel primo Dopoguerra, riportata in auge da alcune cantina storiche (il binomio Fontaleoni Vernaccia di San Gimignano è da sempre conclamato e rinomato). L’origine etimologica del nome è ancora oggi avvolta da una certa aura di mistero: alcuni appoggiano la versione della discendenza dal termine latino vernaculus (letteralmente: locale, casalingo) altri invece supportano la tesi di un legame con Vernazza, noto villaggio delle Cinque Terre in Liguria. Nonostante questi dubbi etimologici ancora irrisolti, ciò che appare chiaro ed evidente a tutti è lo storico legame che questo vitigno ha stretto con il territorio toscano, per non parlare della concentrazione di cultura artistica e letteraria di cui si fa portavoce, sorso dopo sorso.

Vernaccia di San Gimignano Docg: un primato regionale

Chiunque di voi abbia seguito un corso sulla storia del vino italiano, si sarà sicuramente sentito ripetere a più riprese che la prima Denominazione di Origine Controllata (DOC) di tutta la penisola italiana è proprio lei. Precisamente dal 6 maggio 1966 la bottiglia può collocare in capsula questo prestigioso marchio di qualità. Senza dubbio un grande onore, visto che sulla base di questi riconoscimenti è nata la storia della viticultura moderna, posteriore al disastro della fillossera. A questo indiscusso primato storico nel territorio italiano, ne segue un altro, di pari credito e eco: a partire dal 1993 è l’unico tra i vini toscani bianchi a potersi fregiare della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).

Negli ultimi anni si è andata affermando una rivalutazione di quest’uva in termini qualitativi che, come per tutte le altre produzioni agronomiche, va di pari passo con una diminuzione delle quantità: riduzione delle rese per ettaro, mediante una potatura più corta dei tralci, oltre che un lieve diradamento dei grappoli e limitato uso delle concimazioni ne sono un esempio pratico.

Di pronta beva o da invecchiamento?

Quest’uva, dal grappolo grosso e allungato e dalla buccia pruinosa di colore verde giallastro di medio spessore, è caratterizzata da un profilo aromatico fresco e floreale, con note intriganti di frutta secca. Quando la vinificazione è svolta esclusivamente in vasche di acciaio inox termoregolate si vanno a valorizzare le sensazioni più leggere e vibranti naturalmente presenti nel vitigno e si consiglia di conseguenza di consumare il prodotto in gioventù, all’ora dell’aperitivo o insieme a risotti. In molti hanno sperimentato nuove tecniche di vinificazione per quest’uva così pregiata, in particolar modo si è ricorso alle botti alle barrique. Quando l’uso del legno non è troppo invasivo, ma anzi ben calibrato, la potenzialità di invecchiamento di questo vitigno emerge in tutta la sua potenza, presentandosi con un corpo ricco e avvolgente e con un buon potenziale estrattivo e alcolico, sempre bilanciato da elegante mineralità e freschezza.

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