Menzionato per la prima volta in un'ordinanza del comune di Dogliani già nel 1593, il Dolcetto è un vitigno piemontese a bacca rossa originario del Monferrato e diffuso nelle Langhe e nel Tortonese, ma anche in Liguria e Lombardia. Se ne ricava un rosso da pasto piacevolmente tannico, dalla freschezza contenuta e dal caratteristico gusto asciutto di ciliegie, fiori e mandorla amara, a dispetto del nome. Il suo nome deriverebbe infatti dal sapore morbido e fruttato dei suoi grappoli, oppure dalle basse colline localmente chiamate ‘duset’, certo è che il rosso che si ottiene è sempre secco, asciutto e beverino, spesso lievemente amarognolo. Dogliani, Ovada e Diano d’Alba Docg, oltre che Acqui, Alba e Asti Doc: a seconda della zona di produzione può assumere diverse denominazioni e caratteristiche, confermandosi però sempre come grande e inseparabile compagno della tavola e della quotidianità.
Menzionato per la prima volta in un'ordinanza del comune di Dogliani già nel 1593, il Dolcetto è un vitigno piemontese a bacca rossa originario del Monferrato e diffuso nelle Langhe e nel Tortonese, ma anche in Liguria e Lombardia. Se ne ricava un rosso da pasto piacevolmente tannico, dalla freschezza contenuta e dal caratteristico gusto asciutto di ciliegie, fiori e mandorla amara, a dispetto del nome. Il suo nome deriverebbe infatti dal sapore morbido e fruttato dei suoi grappoli, oppure dalle basse colline localmente chiamate ‘duset’, certo è che il rosso che si ottiene è sempre secco, asciutto e beverino, spesso lievemente amarognolo. Dogliani, Ovada e Diano d’Alba Docg, oltre che Acqui, Alba e Asti Doc: a seconda della zona di produzione può assumere diverse denominazioni e caratteristiche, confermandosi però sempre come grande e inseparabile compagno della tavola e della quotidianità.
Il Dolcetto è una delle varietà viticole più diffuse del Nord Italia, originaria del Piemonte ma coltivata anche in parte della Liguria, con il nome di Ormeasco, nel Piacentino e nell’Oltrepò Pavese. Prima della devastazione della filossera nel corso dell’Ottocento, era forse il vitigno più coltivato in tutte queste zone, poi progressivamente sostituito dalle più resistenti, adattabili e produttive viti di Barbera. Oggi rimane uno dei protagonisti della viticoltura piemontese, un simbolo regionale di quotidianità e schiettezza conviviale.
Le origini del vino Dolcetto sono probabilmente monferrine, diffondendosi poi anche nelle regioni vicine. La prima testimonianza storica è però conservata in un’ordinanza dell’Archivio Storico di Dogliani, dove si fa riferimento a vigneti chiamati “dozzetti”. L’origine di questo nome deriverebbe, secondo i più, dalla dolcezza degli acini di questa varietà in fase di maturazione, caratterizzati da scarsa acidità, tanto da essere serviti anche nelle tavole quotidiane dei contadini come uva da pasto. Secondo altri l’etimologia sarebbe da ricondurre al termine dialettale di “duset”, che indica la collina bassa e dolce, cioè i “dossi” collinari.
Altre notizie di questa uva, chiamata localmente “douset” o “dosset”, risalgono al XVIII secolo e afferiscono al Monferrato, al territorio di Acqui e di Alessandria. Nel frattempo sembra essersi diffusa con successo anche nel territorio collinare di Tortona, dove ancora oggi è presente con il nome di Nibiò, e anche in Liguria, con quello di Ormeasco, dal toponimo di una delle località più meridionali del Cuneese.
Tutta l’area meridionale delle Langhe, che si estende su un territorio collinare con al centro il comune di Dogliani, è considerata come una delle più vocate per la produzione di un Dolcetto Docg che sta assumendo grande prestigio in tutta Italia e non solo. Le ragioni di questo apice qualitativo sono dovute al clima fresco e ventilato delle dolci colline che popolano questo areale. La straordinaria sapienza contadina di queste terre ha contribuito a fare il resto, scegliendo le zone meglio esposte dove piantare i vigneti e utilizzando molto spesso botti grandi per l’invecchiamento del mosto fermentato. Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, proprietario di un’importante cantina a Dogliani, ha poi contribuito, nel secondo dopoguerra, in maniera autorevole e significativa alla valorizzazione qualitativa di questa tipologia.
Un'altra zona prestigiosa per la sua produzione è il centro di Diano d’Alba, una piccola area nel cuore delle Langhe, valorizzata da un apposito disciplinare di produzione Docg. Al di fuori di quest’area è possibile produrre rispettando la Doc d’Alba in tutte le Langhe mentre nel Monferrato troviamo quella d’Asti. Scendendo verso sud, sulle colline dell’Alto Monferrato, troviamo un importante centro qualitativo per il Dolcetto Doc nell’Acquese e nei dintorni del comune di Ovada, dove la tipologia Superiore è riconosciuta come Docg per via delle lunga tradizione produttiva e per i livelli di eleganza che sono stati raggiunti.
Origine, diffusione, tradizione contadina e cultura gastronomica regionale assegnano al Dolcetto Piemonte un ruolo da protagonista. La sua incredibile versatilità, unita ad una facilità e ad una immediatezza di beva fuori dal comune hanno contribuito alla sua diffusione sulle tavole quotidiane.
Il grappolo maturo ha una forma medio-grande e allungata, dal colore violaceo scuro. Gli acini sono pruinosi e abbastanza spessi, ricchi di polifenoli e di tannini. La scarsa freschezza del succo che se ne ricava e gli espressivi sentori di frutta fresca e fiori rossi hanno favorito il suo impiego nella produzione di interpretazioni giovani e leggere, non adatte a lunghi invecchiamenti.
Per questo motivo i più tipici e caratteristici vini rossi ottenuti da questo vitigno sono leggeri, delicati, beverini e fruttati, animati da vivaci e stuzzicanti tannini. Hanno un colore rosso che varia dal porpora al rubino acceso e profumi giovani e freschi di frutta rossa in fase di maturazione, ciliegie, fiori rossi e spezie selvatiche, con una sottile pepatura. Il gusto è sempre asciutto, secco, snello e appagante, con un finale piacevolmente amaricante che richiama la mandorla amara. Alcuni produttori negli ultimi anni, avvalendosi di più lunghe macerazioni e affinamenti in legno, hanno sfidato queste consolidate caratteristiche, proponendo espressioni più evolute, strutturate e complesse che hanno rivelato un buon potenziale di invecchiamento.
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