I vini in anfora racchiudono la magia di un tempo ancestrale . Questa antica pratica risale infatti alla Preistoria ed è un fenomeno ancora universalmente diffuso in Georgia e in Armenia, dove la vite è stata addomesticata per la prima volta nella notte dei tempi. I vasi di terracotta sono quindi i più antichi contenitori enologici di cui si abbia conoscenza, usati sia per la vinificazione che per la conservazione, prima di essere dimenticati in epoca moderna in tutto l’Occidente. Negli ultimi decenni, contestualmente alla ricerca di metodologie produttive quanto più tradizionali e genuine possibili, sono stati riscoperti in tutto il mondo. Questa tendenza è stata inaugurata in Europa da Josko Gravner nel 1996 ed è oggi in continua espansione. Nascono così produzioni molto particolari e di grande carattere, dal fascino antico e inimitabile.
I vini in anfora racchiudono la magia di un tempo ancestrale . Questa antica pratica risale infatti alla Preistoria ed è un fenomeno ancora universalmente diffuso in Georgia e in Armenia, dove la vite è stata addomesticata per la prima volta nella notte dei tempi. I vasi di terracotta sono quindi i più antichi contenitori enologici di cui si abbia conoscenza, usati sia per la vinificazione che per la conservazione, prima di essere dimenticati in epoca moderna in tutto l’Occidente. Negli ultimi decenni, contestualmente alla ricerca di metodologie produttive quanto più tradizionali e genuine possibili, sono stati riscoperti in tutto il mondo. Questa tendenza è stata inaugurata in Europa da Josko Gravner nel 1996 ed è oggi in continua espansione. Nascono così produzioni molto particolari e di grande carattere, dal fascino antico e inimitabile.
L’utilizzo della terracotta da parte dei produttori risponde all’esigenza di tornare alle origini, riscoprendo quell’antico rapporto tra l’uomo e la natura datato migliaia di anni fa. Questa tendenza è oggi sempre più diffusa in tutto il mondo, soprattutto nei paesi occidentali di più solida tradizione enologica, tra cui l’Italia e la Spagna.
Il pioniere della riscoperta del vino in anfora è stato Josko della cantina Gravner che, a partire dal 1996, ha cominciato a produrre la sua Ribolla Gialla con lunghe macerazioni sulle bucce in contenitori gerogiani interrati chiamati Qvevri, ispirandosi alle tradizioni ancora attive nei paesi del Caucaso. Pochi anni dopo, Giusto Occhipinti della cantina siciliana COS inaugurava l’utilizzo di contenitori spagnoli in terracotta chiamati Tinajas per la produzione del Cerasuolo di Vittoria, convincendo presto l’amica Elisabetta Foradori a fare altrettanto con il Teroldego in Trentino.
Da allora tantissimi produttori hanno seguito questa strada e oggi, data la diffusione del fenomeno a livello mondiale, c’è chi ha affermato “amphora is the new barrique”, per dare l’idea dell’importanza mondiale di questa rivoluzione produttiva. Le ragioni di questo successo consistono essenzialmente nei benefici della terracotta per la produzione di vini artigianali, prodotti con lunga macerazione sulle bucce e senza aggiunta di additivi. Queste proprietà positive consistono in:
Dall’insieme di questi benefici ne deriva la possibilità di svolgere lente fermentazioni con macerazione sulle bucce senza bisogno di ricorrere ad agenti esterni, come solforosa, aromi, lieviti e altri additivi. Sembra tutto molto semplice ma le possibilità e le metodologie di produzione sono in realtà molto varie.
La produzione dei vini fatti in anfora può presentare diverse variabili ed è oggi fortemente soggetta ad approcci sperimentali. In Italia si tende a diraspare le uve e a riempire i contenitori con il mosto e le bucce, affidandosi a fermentazioni spontanee e cercando di non fare uso di solfiti e additivi enologici. La fase di fermentazione dura in genere pochi giorni, durante i quali si può intervenire tramite follature manuali, rimettendo cioè in circolo nel mosto le vinacce che vengono a galla. Al termine di questo processo la macerazione sulle bucce del mosto può protrarsi per diversi mesi, favorendo una significativa cessione di sostanze aromatiche.
In Georgia, dove la tradizione dei Qvevri è rimasta attiva e vitale fino ai giorni nostri, si fa distinzione tra:
Una costante per la produzione del vino anfora è quindi la presenza totale o parziale delle vinacce nel mosto durante tutta la fermentazione o anche più, sia per quanto riguarda i bianchi che i rossi. Una variabile fondamentale riguarda invece il tipo di contenitore di terracotta da utilizzare:
Oltre a queste variabili, ne esistono molte altre e ogni produttore può scegliere come condurre il metodo produttivo, tenendo conto dello stile che vuole ottenere e, soprattutto, del tipo di vitigno utilizzato. Le uve di Ribolla Gialla necessitano, per esempio, di lunghe macerazioni per esprimere il loro intenso profilo aromatico mentre un vitigno rosso come l’Aglianico tende a dare vita a espressioni molto strutturate anche riducendo il periodo di contatto con le bucce.
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